Dantedì – D.A.N.T.E. perché Dante ha ancora qualcosa da dirci?

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Copertina del mio intervento all’interno del blog di Carta Carbone Festival

In occasione del Dantedì, un mio contributo in collaborazione con Carta Carbone Festival Letterario

Qui troverete l’articolo online: D.A.N.T.E.

Di seguito il testo integrale.

La Commedia è la voce che noi dobbiamo ascoltare. O meglio la Commedia è un “grido”. Parola di Dante (“Questo tuo grido farà come vento,/che le più alte cime più percuote;/e ciò non fa d’onor poco argomento” Paradiso 17.133-135).

Un grido che dopo 700 anni risulta a noi troppo fioco. Si insiste spesso, in questi giorni di celebrazioni, su “Dante, nostro contemporaneo”. La buona notizia è che Dante è “nostro”, sì, per la generosità con la quale ha donato a noi una lingua, un immaginario, un poema pieno di luce, speranza, sapienza; la cattiva notizia è che Dante non è “contemporaneo”. Non lo è mai stato. Forse questo è il dramma dei classici. Forse questo è il loro merito. I classici stanno sempre avanti a noi di due o tre passi. Sono orizzonti che orientano i nostri cammini. Sono manna che nutrono il nostro mondo interiore. Così Dante. Non è contemporaneo. Questo no. La nostra società non ha nulla a che vedere con quella da lui prospettata. I nostri valori raramente si sintonizzano con l’intensità spirituale del suo poema. La sua idea di felicità (pubblica, collettiva, solidale) non è la nostra (individualistica, privata e quindi – alla fine – de-privata di vera felicità).

Però Dante è attuale. Attualissimo. E’ attuale perché ci spinge quotidianamente ad agire.

In questo mio breve intervento proverò a illustrare 5 motivi per cui noi oggi abbiamo bisogno di ascoltare il grido di Dante. 5 argomenti che ci invitino a svegliare le coscienze. 5 “inviti per cui Dante oggi non solo è il più grande poeta di tutti i tempi (questo ormai non ci basta più), ma è anche e soprattutto un Maestro di felicità.

5 come le lettere che compongono il nome DANTE, unico poeta tra tutti che noi chiamiamo per noi, come fosse un amico, perché Dante è “colui che dà”.

Questo andrà a comporre un acrostico che spero possa essere propizio per tutti noi. Queste cinque pratiche di liberazione spero siano per noi un dono.

Quindi D.A.N.T.E. per:

  • Difendere una vita piena,
  • Allenare la speranza,
  • Nutrire il proprio immaginale,
  • Tornare all’integrazione/risveglio di un femminile sacro,
  • Esercitare uno sguardo critico,
  1. Difendere una vita piena

Per Dante la felicità è la piena realizzazione della vita umana. Una pienezza che è fatta di corpo, intelletto e spirito. La visione di Dante è una visione olistica. Molto poco occidentale.

Il modello di felicità che a noi viene proposto, che ne siamo consapevoli o meno, è una felicità di tipo economico. L’uomo è felice, quando sta bene, e l’uomo sta bene quando può produrre. Il lavoro, grande mito dei nostri tempi, nella sua verità etimologica è parola legata alla “fatica”, alla “sofferenza”.

In questo lavoro noi consumiamo le nostre vite alienandoci, frammentandoci, parcellizzandoci. La felicità alla quale ambiamo è una felicità salariale, totalmente scissi in tutte le nostre parti. Pensiamo ai corpi infernali. Sono corpi psicosomatici, frammentati, parziali. Raramente appaiono interi. Li vediamo a segmenti, sbrandellati: “dalla cintola in su[1]”, oppure due teste sovrapposte come se l’una fosse il “cappello” dell’altra. Sono corpi corrotti. Deformati.  Quello che viviamo è un mondo ben più temibile dell’Inferno dantesco. Anzi, padre Dante in confronto era un dilettante. Il nostro mondo è il regno della disincarnazione. Da una parte siamo animali da allevamento intensivo, il cui corpo è importante a fini produttivi, dall’altra mai come in questo ultimo tempo il nostro corpo non è più soggetto di cura e premura.

Ma la vita umana è ben altra cosa.

Oh gioia! oh ineffabile allegrezza!

oh vita intègra d’amore e di pace!

oh sanza brama sicura ricchezza!

Paradiso 27.7-9

Una gioia indicibile. Una vita “intègra” (intera) fatta d’amore e di pace. Una ricchezza sicura e (mirabile a dirsi) senza brame lupesche.

La partenza è una vita finita, materiale, biologica. Il punto di arrivo è il fluire di una vita piena, ricca, intera, infinita.

“Sono venuto affinché abbiano Vita e Vita in pienezza”, così leggiamo nel Vangelo di Giovanni.

La vita dell’uomo è pienezza. Certo questa pienezza  è una pienezza che deve considerare molti elementi.

Prima di tutto un’armonia con la nostra interiorità, tra aspetto razionale, emotivo e spirituale. E’ armonia che deve tenere presente che noi viviamo nel mondo e viviamo assieme ad altri.

  • Allenare la speranza

“Lasciate ogni speranza, voi che entrate” (Inferno 3.9). Questo è scritto sulla porta dell’Inferno. Una porta semplicissima, come quelle di qualsiasi cittadella medievale. Per fortuna che Dante ha scelto una visione “comica” della vita e non ci ha relegati in una tragica sospensione.

Dante è il poeta della speranza. Che non va confuso con un semplicistico “penso positivo”, un essere felici a tutti i costi, senza alcuna gioia. La speranza di Dante è una speranza nell’invisibile. Una fiducia verso l’uomo e verso gli uomini tutti.

All’inizio dell’Inferno c’è una porta senza speranza. Alla fine del Paradiso, sulla soglia, poco prima di vedere Dio direttamente in volto, abbiamo Maria.

Qui se’ a noi meridïana face

  di caritate, e giuso, intra ‘ mortali,

  se’ di speranza fontana vivace.

Paradiso 33.10-12

Maria è fontana vivace di speranza. Grazie a lei noi possiamo avere tutto. È Maria che intercede per Dante in questa metamorfosi cristiana che rende l’uomo simile a Dio. Maria è chiamata ianua coeli, porta del cielo, la porta che apre agli uomini la salvezza.

  • Nutrire il proprio immaginale

La potenza di Dante è la potenza delle immagini. Una vera e propria palestra per l’anima che viene nutrita tanto da visioni potenti e luminose e materne (cieli rotanti, scale dorate, candide rose, piogge di latte), quanto da immagini fortemente perturbanti (gironi infernali, mostri, contrappassi).

Dalla selva oscura da cui inizia il nostro cammino fino alla candida rosa che accoglierà tutte le anime beate noi siamo costantemente stimolati dall’inventiva dantesca. Dante propone una pedagogia immaginale che ci permette di creare un ponte tra il mondo visibile e quello invisibile (e questo era chiaro non solo a Dante, ma anche agli autori mistici da lui studiati e amati). In una società che è letteralmente sommersa da un diluvio di immagini, noi abbiamo perso paradossalmente ogni dimestichezza, ogni familiarità con l’immaginale. Siamo amputati delle nostre competenze immaginative. Impoveriti. Mutilati. Privati della nostra capacità di fare anima. Il favoleggiare, la reverie, lo stato fantasticante (ma Dante ha una parola bellissima per questo: “alta fantasia”) diventano l’accesso ad un altrove trascendente, fatto di visioni, figure, simboli e archetipi. Un mondo intermedio, notturno, intuitivo, irrazionale che mal si concilia con una coscienza raziocinante e dominatrice.

  • Tornare all’integrazione/risveglio di un femminile sacro

Le donne salvano Dante. Su questo non abbiamo dubbi. Senza donne non avremmo nemmeno la Commedia. Il cammino di Dante (e di noi tutti e tutte) inizia per volere di Maria, lei stessa “in mezzo”, caritatevole presenza assenza, fin dalla selva oscura. E’ Maria che prova pietas verso il pellegrino smarrito nella crisi esistenziale, è lei che avvia la staffetta salvifica che vedrà muovere prima Lucia, poi Beatrice e infine Virgilio. Maria è regina e regista. Grazie a lei si scatena il “complotto d’amore” che porterà Dante a vedere i tre regni oltremondani.

Quello che Dante propone è un femminile sacro da risvegliare e integrare. Scandaloso pensando all’epoca. Con donne attive che sanno argomentare in maniera “infallibile” di teologia, sanno parlare di politica, ardono d’amore, rivendicano la loro libertà e indipendenza. Beatrice, Piccarda, Cunizza, dame di luce che superano ogni stereotipo di genere. Matelda, le sette ninfe, sacerdotesse che nel Paradiso Terrestre, compiono riti lustrali di grande potenza, immergendo Dante dentro acque sacre, dotate di magici poteri.

E di nuovo Maria, alla fine, dal grembo della quale germina e fiorisce tutto il Paradiso (e senza la quale Dio non sarebbe forse così vicino e presente nelle nostre vite).

Dante dona voce alle donne. Ai bambini. Agli ultimi. Lui ultimo. Capace di prendere una fragile e femminea rosa e di trasformarla nel tempio metafisico di tutti i beati.

  • Esercitare uno sguardo critico

Dante lo aveva ben capito che le cose non potevano funzionare così. Dante si era ben accorto che qualcosa a livello politico stava andando in cortocircuito. Dante aveva visto che stava emergendo un mostro economico, una bestia insaziabile “sanza pace” (Inferno 1.58).

Ed una lupa, che di tutte brame

sembiava carca ne la sua magrezza,

e molte genti fé già viver grame.

Inferno 1.49-51

La Lupa è un vizio politico, un demone interiore, un morbo sociale. Chiesa e Impero sono contagiati da questa possessione vampiresca. La febbre di possesso diventa germe di un protocapitalismo dissennato e superbo. La Lupa, in quest’ottica, diventa il più terribile dei monoteismi, quello appunto economico.

Tre sono i virus che contagiano ogni sistema politico:

Superbia, invidia e avarizia sono

  le tre faville c’hanno i cuori accesi.

Inferno 6.74-75

Questo comporta uno scioglimento di tutti i rapporti umani. Le relazioni diventano merci. Tutto viene pesato alla luce del fiorino, moneta diabolica, fiore di ogni malvagità.

Dante nella selva oscura era finito in uno stato di torpore, di incoscienza. Il primo invito è questo. A essere vigili. A leggere i nostri tempi con occhi critici. Con cuori accesi. 

Dante non sta zitto. Dante fa nomi e cognomi di tutti i potenti, papi o imperatori poco importa, prede, schiavi di questa logica lupesca.

Dante ci invita a vigilare. Ad essere coscienti.

Dante è un mistico. Un contemplativo. Ma non può esserci mistica che non sia chiave per leggere e vivere il mondo. La vera spiritualità affonda le proprie radici da una parte verso l’infinito, ma dall’altra piega e fronde verso la Terra.

In fondo Dante compie la sua esperienza per tutti noi. Per poterla raccontare. Per “allontanare i viventi da uno stato di miseria e per condurli, in questa vita, ad uno stato di felicità”.

Libri consigliati:

Marchesi S. e Abbiati R., A proposito di Dante. cento passi nella Commedia con disegni, Keller Editore, Trento, 2020.

Mottana P., La visione smeraldina. Introduzione alla pedagogia immaginale, Mimesis, Milano, 2010.

Hillman J. (2007) , Le figure del mito, tr. it. Adelphi, Milano, 2014.

Vacchelli G, L’ attualità dell’esperienza di Dante. Un’iniziazione alla Commedia, Mimesis, Milano, 2014.

Vacchelli G., Dante e la selva oscura, Lemma Press, Bergamo, 2018.

Siti consigliati:

https://dante.dartmouth.edu/

https://nellabirintodellacommedia.wordpress.com/

https://www.youtube.com/channel/UCMZymwY3Y0-sRgDLkf3JWmw


2 pensieri su “Dantedì – D.A.N.T.E. perché Dante ha ancora qualcosa da dirci?

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